19 Mar Antifrode assicurativa: strumenti procedimentali
Se è innegabile che gli strumenti normativi, posti a tutela delle imprese assicurative, siano piuttosto limitati, è altrettanto vero che, nella pratica, alcuni strumenti sono praticamente dimenticati, pur essendo armi efficaci nell’arsenale di chi combatte le frodi assicurative.
È giusto il caso delle indagini difensive e dell’incidente probatorio, troppo spesso relegati ad eccezione del procedimento.
Le indagini difensive sono uno strumento procedurale attraverso il quale il difensore può ricercare e individuare elementi di prova a favore del proprio assistito, nelle forme e per le finalità stabilite nel titolo VI bis del Codice di procedura penale.
Tale titolo, composto degli art. 391 bis e seguenti, introdotto dalla l. n. 397/2000, costituisce il disciplinare di questa attività , ancora così scarsamente utilizzata nella pratica.
La ratio dello strumento è offrire alla difesa (dell’indagato o della persona offesa) una serie di strumenti processuali che le permettano di esercitare le proprie funzioni in posizione di parità con l’accusa, rispettando in tal modo il principio affermato nell’art. 111 della Costituzione.
In tale ottica il difensore, il sostituto, gli investigatori privati autorizzati o i consulenti tecnici, possono:
– conferire con le persone in grado di riferire circostanze utili rispetto ai fatti oggetto delle indagini e possono verbalizzarne le dichiarazioni;
il solo difensore può:
– chiedere i documenti in possesso della pubblica amministrazione ed estrarne copia,
– accedere a luoghi privati o non aperti al pubblico, previo consenso del giudice;
– compiere attività investigativa preventiva, finalizzata alla proposizione di una querela, con esclusione degli atti che richiedono l’autorizzazione o l’intervento dell’autorità giudiziaria.
Di fatto, seppur con dei limiti, le indagini difensive conferiscono al difensore poteri analoghi a quelli del Pubblico Ministero, consentendogli di svolgere accertamenti in autonomia e documentarli.
Gli elementi così acquisiti, attraverso l’esperienza e la professionalità di un “tecnico del diritto”, possono costituire elementi di accusa al pari di quelli acquisiti dalla Polizia Giudiziaria nel corso delle indagini preliminari.
E tuttavia, a differenza dell’Autorità inquirente, il difensore non è obbligato a rendere ufficiali gli esiti della propria attività, ma ha facoltà di versare in atti le risultanze acquisite solo se lo ritiene opportuno e vantaggioso.
L’incidente probatorio prevede, su richiesta del Pubblico Ministero o della difesa dell’indagato e della persona offesa, di chiedere al Giudice per le indagini preliminari di “congelare” una particolare prova (anche un interrogatorio) da acquisire nella fase preliminare, al fine di poterla presentare direttamente al dibattimento.
Le ipotesi in cui può aver luogo l’incidente probatorio sono tuttavia indicati dal Codice ed, in alcuni casi, possono essere assunti solo in presenza dei “casi tassativi di non rinviabilità al dibattimento, per necessità ed urgenza”, previsti dall’art. 392 c.p.p.:
– la testimonianza e il confronto, se il dichiarante non potrà deporre in dibattimento a causa di un “grave impedimento” o di “una minaccia in atto”, affinché non deponga o deponga il falso;
– l’esperimento giudiziale e la perizia breve, aventi ad oggetto persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto “a modificazione non evitabile”;
– la perizia di lunga durata che, se disposta durante il dibattimento, determinerebbe una sospensione superiore a sessanta giorni;
– la ricognizione, se “particolari ragioni d’urgenza non consentono di rinviare l’atto al dibattimento”.
Tale strumento consente, pertanto, nei casi espressamente previsti dal codice di rito, di acquisire in via anticipata una prova vera e propria, che – qualora abbia valenza dimostrativa assorbente – potrà garantire anzitempo il buon esito del giudizio, abbreviando i tempi spesso eccessivamente dilatati del processo penale.
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