09 Set Clausole assicurative ambigue?: Si interpretano contro la compagnia!

«il contratto di assicurazione deve essere redatto in modo chiaro e comprensibile. Ne consegue che, al cospetto di clausole polisenso, è inibito al giudice attribuire ad esse un significato pur teoricamente non incompatibile con la loro lettera, senza prima ricorrere all’ausilio di tutti gli altri criteri di ermeneutica previsti dagli artt. 1362 e ss. c.c., ed in particolare quello dell’interpretazione contro il predisponente, di cui all’art. 1370 c.c.»

Corte di Cassazione, Sez. III – sentenza del 18 gennaio 2016, n. 668.

La Corte di Cassazione con la prefata sentenza, ha ribadito un consolidato principio ermeneutico: nei contratti cosiddetti standard ovvero, cc.dd. per adesione, le clausole predisposte da uno dei contraenti si interpretano a favore dell’altro.

In altre parole, chi redige una clausola non lapalissiano si assume il rischio che la stessa venga interpretata in senso non conforme al suo intendimento.

In particolare, la norma è volta a tutelare l’aderente in quanto riguarda contratti conclusi con moduli o formulari in cui il predisponente si trova in una condizione di vantaggio e deve mettere a disposizione del contraente debole un testo il più possibile intellegibile.

Nel caso specifico, una società produttrice di calcestruzzo aveva concluso una polizza assicurativa con tre compagnie a seguito di un contratto di finanziamento. Dopo l’esplosione di un’autoclave, dalla quale era derivata la morte di una persona, la società domandava alle coassicuratrici l’indennizzo che le veniva rifiutato in quanto le compagnie assicurative consideravano l’evento di danno fuoriuscente da quelli coperti dalla garanzia. In particolare, la clausola inerente ai danni da scoppio, secondo i tre coassicuratori, afferiva unicamente all’esplosione cagionata da un eccesso di pressione e non già a quella derivante da un cedimento strutturale, come era accaduto nel caso di specie. In primo grado le compagnie assicuratrici sono state condannate alla corresponsione dell’indennizzo; per contro, in appello la sentenza viene ribaltata e la domanda risarcitoria rigettata.

La Corte, in riforma della impugnata sentenza, si richiama al principio di uberrima bona fides ed all’obbligo che il contratto sia redatto in modo chiaro ed esauriente. L’impresa, infatti, concludendo la polizza assicurativa aveva inteso tutelarsi contro i danni da scoppi in genere; inoltre, la suddetta polizza era stata richiesta dall’istituto bancario concedente il finanziamento per la costituzione dello stabilimento industriale. I coassicuratori, consapevoli dell’esistenza del citato finanziamento, si erano impegnati, in caso di sinistro, a versare l’indennizzo al terzo finanziatore.

I supremi giudici rilevano, altresì, una violazione dell’art. 1370 c.c.

La clausola oggetto del contendere, infatti, era ambigua e, pertanto, il giudice di appello avrebbe dovuto ricorrere all’interpretazione contro lo stipulatore, vale a dire interpretare quella clausola in senso sfavorevole a chi l’aveva predisposta, sancendo il principio enunciato con la citata massima

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