23 Lug Escluso il mobbing in ipotesi di trasferimento disciplinare per incompatibilità ambientale

La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 12632/2021, ha sancito che il trasferimento disciplinare del lavoratore per incompatibilità ambientale non integra gli estremi del mobbing laddove gli spostamenti effettuati dal datore di lavoro siano finalizzati esclusivamente a ristabilire un ambiente di serenità lavorativa.

La vicenda sottesa alla pronuncia in esame è quella di un comandante dei vigili urbani e dirigente del servizio statistica del Comune di Ancona che aveva agito innanzi al Tribunale di Ancona per ottenere il risarcimento dei danni cagionati dalla condotta vessatoria tenuta nei suoi confronti dall’ente datore di lavoro, alla quale aveva apportato contributo causale un collega di lavoro.

Il Tribunale di Ancona aveva respinto la domanda e la decisione era stata confermata dalla Corte territoriale.

Avverso tale decisione ricorreva per Cassazione il dipendente.

I Giudici di legittimità, nel rilevare preliminarmente come l’elemento qualificante la condotta di mobbing non sia da ricercarsi nella legittimità o illegittimità dei singoli atti, bensì nell’intento persecutorio che li unifica, evidenziano come detto intento persecutorio non possa ravvisarsi nell’ipotesi in cui il datore di lavoro disponga un trasferimento disciplinare – legittimo o meno che sia – al solo fine di ripristinare un ambiente di serenità lavorativa.

Per Ermellini, infatti, evidenziano come in siffatta ipotesi l’intento datoriale sia quello di riportare all’interno del luogo di lavoro un clima di proficua tranquillità e non quello di vessare o perseguitare il dipendente che ne è la potenziale causa.

Il tutto con la naturale conseguenza che non sussistono i presupposti che integrano la fattispecie di mobbing nella condotta datoriale.

Su tali presupposti, la Suprema Corte – confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello – rigetta il ricorso del pubblico dipendente.

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