01 Ott Falsa attestazione della presenza: si al licenziamento solo se il comportamento del lavoratore sia oggettivamente idoneo ad indurre in errore il datore di lavoro.

E’ quanto statuito dalla Suprema Corte con la sentenza n. 14199 del 24/05/2021.

La vicenda sottesa vede protagonista un dipendente comunale che impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli per avere, in modo reiterato, attestato falsamente la propria presenza in servizio in giorni ed orari in cui si tratteneva all’esterno del luogo di lavoro.

La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, sul presupposto che l’illecito disciplinare contestato richiede una condotta fraudolenta oggettivamente idonea ad indurre in errore il datore circa la presenza in servizio, mentre il ricorrente aveva reso volutamente visibile la propria condotta di protesta, appostandosi all’esterno del cimitero comunale, al quale era assegnato, con indosso dei cartelli di cartone, recanti scritte di protesta per le condizioni lavorative.

Detti assunti sono condivisi dalla Cassazione la quale, nel confermare la sentenza oggetto di impugnazione, evidenzia come la condotta di falsa attestazione della presenza – che non richiede forzatamente un’attività materiale di alterazione o manomissione del relativo sistema di rilevamento – ha rilievo disciplinare solo se è oggettivamente idonea ad indurre in errore il datore di lavoro.

Ed infatti, come noto, l’articolo 55-quater del Decreto legislativo n.165/2001, sanziona con il licenziamento il comportamento del pubblico dipendente che attesta falsamente la presenza mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente.

Ciò posto, risulterà evidente come se da un lato l’allontanamento dall’ufficio, non accompagnato dalla necessaria timbratura, integra una modalità fraudolenta diretta a rappresentare una situazione apparente diversa da quella reale, dall’altro lo stazionamento in una postazione prossima al luogo di lavoro non può avere conseguenze disciplinari, non potendo indurre il datore in alcun errore.

Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione, richiamando la giurisprudenza della Corte costituzionale costantemente contraria rispetto agli automatismi espulsivi, ha precisato che deve essere, in ogni caso, il giudice a valutare l’effettiva proporzionalità della sanzione espulsiva rispetto al concreto comportamento posto in essere dal lavoratore valorizzando il principio di proporzionalità delle sanzioni disciplinari.

In particolare, non è possibile sanzionare il dipendente con il licenziamento quando la sua condotta non sia oggettivamente idonea a indurre in errore il datore di lavoro.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso del Comune, non integrando la condotta contestata al dipendente l’illecito di falsa attestazione della presenza in servizio.

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