28 Lug La Cassazione torna sul danno da morte: inutile invocare la convenzione Europea per i Diritti dell’uomo

Come molti rammenteranno, con la sentenza n. 15350 del 22 luglio 2015 le Sezioni Unite hanno affermato che in caso di morte immediata o che comunque avvenga a breve distanza dall’evento lesivo, non può essere invocato alcun risarcimento trasmissibile agli eredi. Ha precisato la Corte che “A tale risalente e costante orientamento le sezioni unite intendono dare continuità non essendo state dedotte ragioni convincenti che ne giustifichino il superamento” e ancora “l’ampia motivazione della sentenza n. 1361 del 2014, che ha effettuato un consapevole revirement, dando luogo al contrasto in relazione al quale è stato chiesto l’intervento di queste sezioni unite, non contiene argomentazioni decisive per superare l’orientamento tradizionale, che, d’altra parte, risulta essere conforme agli orientamenti della giurisprudenza Europea con la sola eccezione di quella portoghese”.

Ebbene, da parte nostra avevamo subito prefigurato ulteriori battaglie da parte dei sostenitori della tesi minoritaria che non avrebbero tardato a sviluppare nuove argomentazioni.

In effetti, successivamente alla predetta pronuncia, i fautori della risarcibilità del danno tanatologico (c.d. danno da morte), hanno contestato che l’interpretazione delle Sezioni Unite sarebbe in contrasto con l’art. 2 della Convenzione Europea per i diritti dell’Uomo, laddove si sancisce che “il diritto di ogni persona alla vita è protetto dalla legge”.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 14940 del 20 luglio 2016, ha nettamente respinto tale tesi, confermando l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite e precisando che  i diritti fondamentali riconosciuti dalla Convenzione Europea: “obbligano gli Stati membri (nonché le istituzioni, organi e organismi dell’Unione) solo per quanto riguarda il loro operato nelle materie che rientrano già nell’ambito di tale diritto, come la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi, o le regole sulla concorrenza ecc. Al di fuori di tali materie, per esempio rispetto a certe situazioni esclusivamente interne agli Stati membri (e sulle quali non sussiste una normativa dell’Unione), i diritti fondamentali, compresi quelli contemplati dalla Convenzione europea, restano estranei al diritto dell’Unione e alle competenze di quest’ultima”.

In altri termini, la Convenzione Europea prevede norme di carattere generale ma non detta prescrizioni specifiche in ordine alla tutela del bene della vita, che viene demandata alla legislazione settoriale degli Stati membri dell’UE, i quali sono gli unici a poter legiferare in ordine alle modalità di estrinsecazione della tutela.

 

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