07 Set La portata confessoria e la valenza probatoria del modello di constatazione amichevole d’incidente (c.d. “C. A. I.” o “C. I. D.”)

Tra le diverse ed annose questioni interpretative in materia di Responsabilità Civile Auto e segnatamente in ordine al D. Lgs. 209 del 2005 (id est Codice delle Assicurazioni Private), può essere a buon titolo annoverata quella afferente la portata confessoria e l’efficacia probatoria in giudizio del modello di constatazione amichevole d’incidente (d’ora in avanti C. I. D.), di cui all’art. 143 co. II della su richiamata normativa.

In effetti, nel tempo, numerosi sono stati sull’argomento gli arresti giurisprudenziali di legittimità tesi a fare chiarezza in un senso via via più uniforme, laddove, la giurisprudenza di merito, aveva generato invece posizioni talvolta nient’affatto univoche.

Ebbene con la recente pronuncia della III sezione civile della Corte di Cassazione n. 8451 del 27 marzo 2019, gli ermellini, sono tornati ancora una volta sul punto ribadendo e specificando in maniera recisa e puntuale che ogni valutazione in ordine alla portata confessoria del C.I.D. deve ritenersi inevitabilmente preclusa laddove emerga dall’istruttoria giudiziale un’acclarata “incompatibilità oggettiva” tra la dinamica in esso descritta e le conseguenze accertate nel corso del giudizio.

In particolare, precisa la Suprema Corte, non può essere sottratta all’adito giudicante la possibilità di accertare che le dichiarazioni rese nel modulo C.I.D. siano incompatibili con la dinamica del sinistro quale risultante dalle circostanze emerse in corso di causa (es. danni riportati dai veicoli coinvolti, entità delle lesioni dei soggetti a bordo degli stessi, stato dei luoghi al momento del sinistro ecc..).

Sostengono ancora gli ermellini che, la verifica di tale incompatibilità, dev’essere considerata una fase antecedente la valutazione della dichiarazione confessoria eventualmente contenuta nel modello CID e che, come già precisato dalle Sezioni Unite, detta verifica non può che restare oggetto comunque di libera valutazione da parte del giudice adito ai sensi del comma III, dell’art. 2733 c.c., poiché resa da uno soltanto dei soggetti coinvolti in un’ipotesi di litisconsorzio necessario.

Per effetto di tale ulteriore arresto giurisprudenziale, dunque, può considerarsi definitivamente consolidato l’orientamento interpretativo in esame, laddove si ritiene che sia precipua e legittima facoltà del giudicante adito quella di valutare l’efficacia probatoria del modello C.I.D. ed eventualmente la portata delle dichiarazioni confessorie in esso contenute.

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