15 Ott Legittimo il licenziamento disciplinare del dipendente che non si presenta sul posto di lavoro una volta venuto meno il titolo giustificativo della sua assenza

È quanto statuito dalla Suprema Corte con ordinanza n. 22819 del 12 agosto 2021.

La vicenda sottesa alla decisione de quo è quella di una lavoratrice che impugna giudizialmente il licenziamento per giustificato motivo soggettivo irrogatole in relazione all’assenza ingiustificata protrattasi per 10 giorni al termine di un lungo periodo di malattia.

La Corte d’Appello respinge il ricorso, non ritenendo fondata la doglianza della ricorrente secondo cui la stessa non avrebbe potuto iniziare la prestazione lavorativa prima di essere sottoposta alla visita medica prevista dall’art. 41, comma 2, lett. e-ter) del D.Lgs. 81/2008.

In particolare, i giudici di merito evidenziano come la visita integrasse un controllo che la legge non configura come condicio iuris della ripresa dell’attività lavorativa e che la stessa andava attivata su iniziativa datoriale e non del lavoratore.

Del resto – aveva continuato la Corte territoriale – la finalità della visita disposta nel caso in esame era quella di evitare che la lavoratrice potesse riprendere a svolgere mansioni per le quali era stata giudicata temporaneamente inidonea e non a quelle provvisoriamente attribuitele.

Atteso, quindi, che la visita medica preventiva non costituiva condizione per la ripresa del lavoro, il rifiuto opposto dalla lavoratrice configurava un’assenza ingiustificata, rispetto alla quale la sanzione espulsiva era proporzionata.

 

Avverso tale decisione ricorre per Cassazione la lavoratrice e, lamentando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 41, comma 2 del D. Lgs. n. 81/2008, deduce che la visita medica deve essere precedente alla ripresa del lavoro in quanto atta a verificare l’idoneità alla mansione, essendo strettamente funzionale alla corretta e sicura ripresa dell’attività lavorativa.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, confermando la statuizione della Corte d’Appello disattende le ragioni della ricorrente e fornisce alcune precisazioni in ordine alla disposizione de quo.

Rilevano, preliminarmente, gli Ermellini che il lavoratore al rientro da una malattia di durata superiore ai sessanta giorni, ove nuovamente destinato alle stesse mansioni assegnategli prima dell’inizio del periodo di assenza, può astenersi ex art. 1460 c.c. dall’eseguire la prestazione dovuta.

Per l’ordinanza, infatti, in tali circostanze l’effettuazione della visita medica preventiva si colloca all’interno del fondamentale obbligo imprenditoriale di predisporre e attuare le misure necessarie a tutelare l’incolumità e la salute del prestatore di lavoro e la sua omissione integra un gravissimo inadempimento della parte datoriale.

Tuttavia, secondo i Giudici di legittimità ciò non consente al lavoratore di rifiutare preventivamente anche di ripresentarsi in azienda una volta venuto meno il titolo giustificativo della sua assenza, dal momento che tale presentazione è da considerarsi momento distinto dall’assegnazione alle mansioni.

La presentazione, infatti, è diretta a ridare concreta operatività al rapporto ben potendo comunque il datore, nell’esercizio dei suoi poteri, disporre, quantomeno in via provvisoria e in attesa dell’espletamento della visita e della connessa verifica di idoneità, una diversa collocazione del proprio dipendente all’interno dell’organizzazione di impresa.

Dal che ne discende che non può ritenersi consentito al dipendente di astenersi anche dalla presentazione sul posto di lavoro, una volta venuto meno il titolo giustificativo della sua assenza.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla lavoratrice, ritenendo fondato il recesso a fronte dell’illegittima condotta della stessa.

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