01 Lug Mediazione in corso di causa: rischio sanzioni anche se si vince

Tutti gli operatori del diritto sanno bene che, malgrado gli sforzi (più o meno incisivi) di questi ultimi anni da parte del legislatore, la situazione dei grandi tribunali italiani in relazione alla durata dei processi, continua ad essere quanto meno critica.

Uno degli strumenti che la legge ha approntato con l’auspicio di un effetto deflattivo del contenzioso, è il ricorso obbligatorio alla mediazione per talune materie specifiche ai sensi del dlgs 28/2010 quale condizione di procedibilita’ di un eventuale successivo giudizio dinanzi al tribunale.

In materia assicurativa nella maggior parte dei casi, la mediazione viene rifiutata dalle compagnie, ferme sulle proprie posizioni allorquando ritengano un sinistro non indennizzabile o comunque già sufficientemente indennizzato. Il rischio in questi casi è che in sede giudiziale l’assicuratore, ove risulti soccombente, venga condannato ai sensi dell’art. 96 c.p.c. al pagamento di una somma sanzionatoria per aver ulteriormente gravato il sistema giudiziario con una resistenza infondata.

Molto spesso accade altresì che la mediazione venga disposta dal giudice nel corso del processo, allorquando ritenga consigliabile che le parti raggiungano un accordo per il bonario componimento. Anche in questo caso, accade sovente che gli assicuratori disertino del tutto l’incontro fissato dall’organismo di mediazione designato. Di contro, succede anche però che in effetti, le ragioni della compagnia risultino poi fondate alla conclusione del giudizio, il che pone al riparo dall’applicazione dell’art. 96 c.p.c..

Tuttavia, anche una posizione vittoriosa potrebbe essere sanzionata nel caso in cui vi fosse rifiuto a partecipare alla mediazione in corso di causa. È ciò che è accaduto dinanzi al Tribunale di Roma lo scorso 23 giugno, allorquando con la sentenza n. 12776/2016 una compagnia di assicurazioni, pur vedendo riconosciute le proprie ragioni, non solo si è vista compensare le spese di lite, ma è stata altresì condannata a versare una somma pari al contributo unificato, a titolo di sanzione. Tutto ciò per non avere preso parte alla mediazione che era stata disposta dal giudice in corso di causa.

La condanna ovviamente non deriva dall’applicazione dell’art. 96 c.p.c., non essendovi soccombenza, bensì da una condotta giudiziale reputata “ingiustificata e renitente”. Si tratta di una pronuncia che farà di certo discutere non tanto per la sanzione in se’ (tutto sommato modesta), ma per gli scenari che si potrebbero aprire in un’ottica di future condanne per casi simili, con eventuali inasprimenti delle sanzioni.

Ovviamente si tratta di una pronuncia isolata che potrebbe rimanere tale, ma a questo punto appare prudenziale partecipare sempre alla mediazione, anche solo per far predisporre un verbale negativo, piuttosto che incappare nella “beffa” di una sanzione anche allorquando le proprie ragioni trovino accoglimento in sentenza.

 

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