11 Gen “Meglio una cattiva transazione che una buona causa” – il Tribunale di Tivoli dice stop alle cause pretestuose
Qualunque operatore del diritto sa bene che i nostri uffici giudiziari – anche per via di ataviche insufficienze organizzative e carenze di personale – sono letteralmente ingolfati da innumerevoli procedimenti pendenti.
Nel tempo non sono mancati interventi legislativi volti a favorire la riduzione del contenzioso, ma la problematica permane e spesso chi si avvantaggia della lentezza della giustizia è la parte debitrice, che vede procrastinarsi anche per anni il momento in cui dovrà versare quanto dovuto al creditore.
Una consistente parte del contenzioso è costituita dalle cause inerenti i sinistri stradali e dunque coinvolge le imprese assicurative.
Può accadere che una causa venga incardinata non tanto al fine di determinarsi le responsabilità nella determinazione del sinistro stradale, bensì in virtù di una divergenza – a volte anche netta – tra la quantificazione della pretesa risarcitoria avanzata e la somma che invece la Compagnia assicuratrice è disposta a versare; e di norma la soluzione di tali contenziosi viene affidata ad una Consulenza Tecnica d’Ufficio (c.d. CTU), sulla cui scorta il Giudice dovrà poi pronunciarsi.
E’ davvero conveniente per l’assicuratore attendere la sentenza pur in presenza di una CTU – anche molto negativa nelle risultanze – oppure è consigliabile valutare l’ipotesi di una definizione transattiva al fine di evitare esborsi maggiori?
Secondo il Tribunale Civile di Tivoli, la seconda ipotesi è di gran lunga la migliore e con la sentenza n. 2428/2015 è stato dato un segnale molto forte al riguardo.
L’assicuratore che persista nella resistenza in giudizio sebbene non sussistano concreti elementi che possano dar luogo al rigetto della domanda attorea, rischia di essere severamente sanzionato in sede di pronuncia della sentenza, ai sensi dell’art. 96 c.p.c..
Nel caso di specie un pedone era stato investito da un veicolo che, successivamente era stato urtato da tergo da un’altra vettura che sopraggiungeva sospingendo nuovamente la prima addosso al malcapitato pedone.
Le compagnie assicuratrici dei due veicoli si rimpallavano la responsabilità nel corso dell’intero giudizio sebbene fosse oltremodo evidente che il primo veicolo fosse responsabile pressochè totalmente (al 95% secondo il Tribunale) e dunque, non solo ha riconosciuto al pedone la massima personalizzazione del danno non patrimoniale, ma ha condannato entrambi gli assicuratori a versare il quadruplo delle spese legali per responsabilità processuale aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c..
Al riguardo il tribunale ha osservato che l’istituto delle spese aggravate, è finalizzato “a disincentivare le cause defatigatorie e strumentali e deve essere parametrato alla capacità ed alla forza giuridica della parte ed alla posizione di vantaggio che parte colposamente resistente vanta nel confronti dell’avente ragione” E in questo senso non può sottacersi, ha puntualizzato il tribunale, “l’esistenza di un enorme contenzioso (che rallenta ulteriormente la giustizia) che vede soccombenti le compagnie assicuratrici e che è generato da intenti defatigatori delle compagnie assicuratrici stesse, nel palese tentativo di indurre le parti ad accettare somme inferiori al dovuto in tempi brevi o, al contrario, dover sottostare ai lunghi tempi della giustizia e, non da ultimo, al rischio di errori processuali».
E’ opportuno segnalare che non è la prima volta che il Tribunale di Tivoli si pronuncia in tal senso e che altri uffici giudiziari stanno iniziando a perseguire la medesima strada.
A prescindere dalla discutibilità o meno della decisione del Tribunale, non può sottacersi che la tendenza degli ultimi anni è proprio quella di evitare contenzioso reputato “inutile” dai giudici, come attesta l’introduzione dell’istituto della mediazione obbligatoria e successivamente della negoziazione assistita, pertanto sarà opportuno che tutti i soggetti debitori – e dunque non solo gli istituti assicuratori – valutino attentamente pro futuro i rischi che può comportare la prosecuzione di un giudizio dall’esito sfavorevole pressochè certo.
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