17 Set Sezioni Unite e danno da morte: molto rumore per nulla
Nel gennaio del 2014 la sentenza n 1361 della III sezione civile della Corte di Cassazione aveva sollevato un vespaio di polemiche e ingenerato una certa apprensione nelle Compagnia assicurative.
Secondo gli ermellini infatti, in caso di morte da sinistro stradale il danno da perdita della vita doveva considerarsi trasmissibile agli eredi in quanto massima lesione al bene della salute tutelato dall’art. 32 della Costituzione. Una sentenza dirompente ed ampiamente motivata che aveva aperto le porte a risarcimenti (in teoria) particolarmente onerosi ed anche di difficile quantificazione.
Solo pochi mesi dopo, nel marzo 2014, la querelle è finita al vaglio delle Sezioni Unite che sono state chiamate a pronunciarsi in via definitiva sulla delicatissima disputa dottrinale e giurisprudenziale.
Con la sentenza n. 15350 del 22 luglio 2015 le Sezioni Unite hanno confermato, richiamandosi al precedente granitico orientamento, che in caso di morte immediata o che comunque avvenga a breve distanza dall’evento lesivo, non può essere invocato alcun risarcimento trasmissibile agli eredi.
Ha precisato la Corte che “A tale risalente e costante orientamento le sezioni unite intendono dare continuità non essendo state dedotte ragioni convincenti che ne giustifichino il superamento” e ancora “l’ampia motivazione della sentenza n. 1361 del 2014, che ha effettuato un consapevole revirement, dando luogo al contrasto in relazione al quale è stato chiesto l’intervento di queste sezioni unite, non contiene argomentazioni decisive per superare l’orientamento tradizionale, che, d’altra parte, risulta essere conforme agli orientamenti della giurisprudenza Europea con la sola eccezione di quella portoghese”.
Le pur dotte e pregevoli argomentazioni dei fautori della tesi contraria non hanno persuaso le Sezioni Unite che hanno evidenziato senza mezzi termini che “L’argomento (“è più conveniente uccidere che ferire”), di indubbia efficacia retorica, è in realtà solo suggestivo, perchè non corrisponde al vero che, ferma la rilevantissima diversa entità delle sanzioni penali, dall’applicazione della disciplina vigente le conseguenze economiche dell’illecita privazione della vita siano in concreto meno onerose per l’autore dell’illecito di quelle che derivano dalle lesioni personali, essendo indimostrato che la sola esclusione del credito risarcitorio trasmissibile agli eredi, comporti necessariamente una liquidazione dei danni spettanti ai congiunti di entità inferiore”.
Questione chiusa dunque, almeno allo stato attuale. Anche se riteniamo che i sostenitori della tesi minoritaria non tarderanno a sviluppare nuove argomentazioni su una tematica che, coinvolgendo etica, morale e diritto, difficilmente troverà mai accordo unanime.
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